Data: 7 Lug­lio 2019 | Pre­di­ca­to­re:
Serie: | Tes­to bibli­co: Libro di Ruth
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Sug­ge­ri­men­to: Ques­to ser­mo­ne è sta­to tra­dot­to auto­ma­ti­ca­men­te. Si pre­ga di nota­re che non pos­sia­mo accet­ta­re alcu­na responsa­bi­li­tà per l’ac­cu­ra­tez­za del contenuto.

Il libro di Ruth par­la del­l’es­odo da casa e del ritor­no. Affin­ché la vedo­va Ruth pot­esse fare la sua casa in Israe­le, ave­va biso­g­no di un reden­to­re. Boaz ha assun­to ques­ta fun­zio­ne. Ques­to le diede un sos­ten­ta­men­to e una spe­ran­za eter­na. Gesù è il nos­tro reden­to­re; anche lui ci per­met­te di ave­re una casa nella casa di Dio.


La bene­di­zio­ne di oggi di Noe­mi G. è una ragio­ne suf­fi­ci­en­te per guar­da­re la Noo­mi del­la Bibbia nel libro di Ruth. È una sto­ria di ritor­no a casa. Per il momen­to, però, era par­ti­to per una ter­ra straniera.

Pane duro all’estero

Nao­mi vive­va con suo mari­to Elim­e­lech e i suoi due fig­li Mach­lon e Kil­jon a Bet­lem­me, che signi­fi­ca casa del pane. Ma poi sor­se una cares­tia nel pae­se. Il pane a Brot­hau­sen è diven­ta­to scarso. Per­tan­to, tut­ta la fami­glia di Nao­mi ed Elim­e­lech si tras­ferì a Moab, una zona a sud di Israe­le. A pri­ma vis­ta dicia­mo: «Ques­to è com­pren­si­bi­le!Ma dob­bia­mo guar­da­re da vici­no che tipo di fami­glia si sta metten­do in viag­gio per Moab». Ques­to col­pis­ce per­ché in real­tà non si va a Moab, cer­ta­men­te non per cer­car­vi il pane. Non c’è pane e non c’è acqua per gli stra­ni­e­ri a Moab, ques­ta è l’e­s­pe­ri­en­za di Israe­le dal suo tem­po di vagabon­dag­gio nel deserto.

Chi otter­rà pane e acqua a Moab, dove non si ottiene nes­su­no dei due volon­ta­ria­men­te? Pro­ba­bilm­en­te quello che deve dare qual­co­sa in cam­bio. La fami­glia di Noo­mi por­ta qual­co­sa che le dà acces­so a pane e acqua: Sol­di. Lei stes­sa dice: «Ric­co e pro­spe­ro sono emi­gra­to e a mani vuo­te il Signo­re mi fa tornare a casa» (Ruth 1:21). Ques­to den­a­ro non solo apre loro l’ac­ces­so al cibo, ma anche alla socie­tà. Solo i ric­chi poteva­no spo­sar­si nella ter­ra di Moab. I suoi due fig­li spos­a­no don­ne moa­bi­te: Orpah e Ruth. Per­ché i ric­chi devo­no fug­gi­re a Moab quan­do il pane scar­seg­gia? Il pre­sup­pos­to è che vogli­o­no pre­ser­va­re la loro ric­chez­za. Non fug­go­no dal­la fame che vuo­le ent­ra­re nella loro casa, ma dal men­di­can­te che vuo­le veni­re alla loro tavo­la. Rifi­uta­no la solidarietà.

Ma Moab diven­ta un vico­lo cie­co. Lì man­gi­a­no «pane duro». Quan­do il mari­to e i due fig­li di Noo­mi muo­io­no, lei rima­ne sola. Diven­ta una don­na sola e ama­raCome lei stes­sa espri­merà più tar­di al suo ritor­no a Bet­lem­me: «Non chi­amar­mi più Noo­mi, chi­ama­mi Mara (= ama­rez­za), per­ché l’On­ni­po­ten­te ha reso la vita ama­ra per me» (1,20). Le vedo­ve a quel tem­po erano fuo­ril­eg­ge, in uno sta­to di com­ple­ta assen­za di leg­ge e di dife­sa. Solo se trov­as­se­ro una nuo­va casa e mett­esse­ro al mon­do dei fig­li, potreb­be­ro sfug­gi­re alla trap­po­la del­la povertà.

Israe­le è il popo­lo di Dio. In sen­so figu­ra­to, la fami­glia si tras­ferì dal Dio d’Is­rae­le a una ter­ra dove l’e­go­is­mo era intro­niz­za­to e dove gli abitan­ti sacri­fi­ca­va­no per­si­no i loro fig­li agli ido­li. Moab signi­fi­ca «dal pad­re» e tes­ti­mo­nia la sua ori­gi­ne. Fu al tem­po in cui Sodo­ma e Gomor­ra furo­no dis­trut­te (Gene­si 19). Lot, il nipo­te di Abra­mo, vive­va con le sue due fig­lie in una grot­ta sul­le mon­tagne. In ques­to iso­la­men­to, lon­ta­no da pos­si­bi­li mari­ti, le due don­ne han­no ela­bo­ra­to un pia­no per ave­re dei fig­li. Han­no fat­to ubria­ca­re Lot e sono anda­ti a let­to con lui. Ques­ta vicen­da ha por­tato all’in­ces­to del figlio Moab. Da all­o­ra in poi, ques­ta atro­ci­tà rima­se come un’om­bra sui Moa­bi­ti – una feri­ta aper­ta. Qual­co­sa di gra­vo­so gra­va­va su ques­te persone.

Fu in ques­ta ter­ra che Elim­e­lech si tras­ferì con la sua fami­glia per port­are in sal­vo le sue ric­chez­ze. Il suo motivo era l’a­mo­re per il den­a­ro, che, come tut­ti sap­pia­mo, è la radi­ce di tut­ti i mali. (1Timoteo 6:10). E in qual­che modo il pane non li nut­ri­va allo stes­so modo che a Bet­lem­me. Nella para­bo­la dei fig­li pro­dighi, anche il figlio mino­re lasciò la sua casa per acquis­ta­re una vita sod­dis­fa­cen­te. Il suo ten­ta­tivo fal­lì mise­r­a­men­te e finì per mor­i­re di fame con i maiali. Gesù spie­ga ques­to prin­ci­pio: «Per­ché chi cer­ca di pre­ser­va­re la sua vita la per­derà» (Mar­co 8:35). La fami­glia di Elim­e­lech e Nao­mi ha spe­ri­men­ta­to esat­ta­men­te ques­to. Sono anda­ti per la loro stra­da e si sono allon­tana­ti dal­la «Casa del Pane» per­ché cre­de­va­no che l’er­ba fos­se più ver­de dal­l’al­tra par­te del rec­in­to. Mol­te per­so­ne la pens­a­no così. Pens­a­no che una vita con Dio por­ti svan­tag­gi e non sia abbastan­za nut­ri­en­te. Alla ricer­ca di una vita sod­dis­fa­cen­te, guard­a­no altro­ve. Pur­trop­po, però, la ric­chez­za ingan­ne­vo­le alla fine ci lascia affa­ma­ti. La nos­t­ra fame di signi­fi­ca­to, sicu­rez­za, amo­re e appar­te­n­en­za è sod­dis­fat­ta solo con Dio.

È anche tipi­co che Nao­mi incol­pi Dio nella cri­si: «Non chi­amar­mi più Noo­mi. Chi­ama­mi Mara, per­ché l’On­ni­po­ten­te ha reso ama­ra la mia vita. Ric­co e pro­spe­ro sono emi­gra­to, e a mani vuo­te il Signo­re mi riman­da a casa. Per­ché chi­amar­mi Nao­mi quan­do il Signo­re mi ha fat­to soffri­re così tan­to e l’On­ni­po­ten­te mi ha por­tato tan­ta dis­gra­zia?» (1,20f). A distan­za da Dio, sia­mo tut­ti a mani vuo­te. Non per­se­guia­mo spes­so le nost­re stra­de ver­so la feli­ci­tà e quan­do sia­mo in cri­si, dia­mo la col­pa a Dio? Ques­to si chi­ama deis­mo ego­cen­tri­co: io plas­mo la mia vita. Deci­do io cosa è gius­to e cosa è sba­gli­a­to per me e Dio mi aiu­ta. Dio è il mio sal­va­to­re per­so­na­le e non mi delu­derà mai. Che errore!

Ritorno a casa

E così Nao­mi si rimet­te in cammi­no ver­so Bet­lem­me, ver­so colo­ro che ha abban­do­na­to, quan­do era anco­ra ric­ca. Vuo­le pri­ma sba­raz­z­ar­si del­le sue nuo­re e riman­dar­le alle loro fami­g­lie. L’a­ma­rez­za cer­ca la soli­tu­di­ne. Chi è amar­eggi­a­to cono­sce la pro­pria intol­ler­a­bi­li­tà. Noo­mi dice: «No, fig­lie mie, tor­na­te indie­tro, per­ché sono trop­po vec­chio per sposar­mi di nuo­vo. E anche se dices­si: «Ho anco­ra spe­ran­za», sì, anche se mi unis­si a un uomo ques­ta stes­sa not­te e aves­si dei fig­li, a cosa ser­vi­reb­be? Aspet­te­res­ti che cre­sca­no? Vi rin­chiude­res­te per così tan­to tem­po e rin­un­ce­res­te a qual­si­a­si alt­ro matri­mo­nio? No, non veni­te con me, fig­lie mie! Il mio dolo­re ama­ro è anco­ra più pesan­te per me che per voi, per­ché il Signo­re stes­so l’ha por­tato su di me» (1,12f).

Noo­mi affron­ta la ques­tio­ne del matri­mo­nio nella leg­ge. Se un uomo spo­sa­to muo­re e non lascia fig­li, il paren­te più prossi­mo è obbli­ga­to a pren­de­re in mog­lie la vedo­va. Il pri­mo figlio che par­to­ris­ce è all­o­ra con­side­ra­to un dis­cen­den­te del fratel­lo def­un­to, in modo che il suo nome sia con­ser­va­to in Israe­le. L’u­ni­co pro­ble­ma era che tale fratel­lo non era anco­ra nato e Nao­mi non ave­va un mari­to. L’u­ni­ca spe­ran­za per il futu­ro del­le sue nuo­re era che cer­cas­se­ro un mari­to moabita.

Orpa, che signi­fi­ca «retro del­la tes­ta», sal­ta via. Noo­mi la vede solo da die­tro. Ma Ruth si rifi­u­ta sem­pli­ce­men­te di lascia­re Noo­mi. «Ma Ruth ris­po­se: «Non chie­der­mi di lasciar­ti e di tornare indie­tro». Dove vai tu, vado io, e dove vivi tu, vivo io. Il tuo popo­lo è il mio popo­lo e il tuo Dio è il mio Dio. Dove tu sei mor­to, lì mor­irò anch’io e sarò sepol­to. Il Signo­re mi punirà se per­met­terò che alt­ro che la mor­te ci sepa­ri!» » (Ruth 1:16f).

La fero­cia con cui vie­ne par­la­to il tes­to ebraico è pal­pa­bi­le. Le frasi sono bre­vi e con­cise: «Il tuo popo­lo – il mio popo­lo, il tuo Dio – il mio Dio!«Ruth» tra­dot­to signi­fi­ca l’a­mi­co, il com­pa­g­no. E Ruth diven­ta ciò che è nel suo nome: la com­pa­gna di Nao­mi. Allo stes­so tem­po, le frasi con­cise di Ruth con­ten­go­no un chia­ro impeg­no ver­so l’u­ni­co Dio di Israele.

Appartenenza alla casa

Ebbe­ne – Nao­mi si tras­fe­ris­ce a Brot­hau­sen con sua nuo­ra Ruth, e sen­si­bilm­en­te al tem­po del­la rac­col­ta del­l’or­zo. La caren­za di pane è fini­ta. Ruth deve ora man­ten­er­si da sola. Nel­l’an­ti­co Israe­le, le per­so­ne social­men­te svan­tag­gia­te, come le vedo­ve, ave­va­no il diritto di anda­re die­tro ai miet­i­to­ri al momen­to del rac­col­to per rac­co­glie­re le spig­he rimas­te. Ruth lo fece nel cam­po di Boaz, un paren­te di Elim­e­lech. Boaz fu mol­to gen­ti­le con lei, prov­vi­de alla sua sicu­rez­za, alle mer­en­de e fece in modo che i miet­i­to­ri lasci­as­se­ro più spighe.

«Dove hai rac­col­to tut­to quel gra­no oggi?» gri­dò Nao­mi. […] Ruth dis­se a sua suo­cera per chi ave­va lavor­a­to. E dis­se: «L’uo­mo nel cui cam­po sono sta­ta oggi si chi­ama Boaz». «Il Signo­re, che non ha riti­ra­to la sua miser­i­cor­dia né ai vivi né ai mor­ti, lo bene­di­ca», dis­se Nao­mi a sua nuo­ra. «Ques­t’uo­mo è uno dei nos­tri paren­ti più stret­ti (ebraico qar­ob), uno dei riso­lut­o­ri (ebraico goel) del­la nos­t­ra fami­glia.» (2,19f).

La pri­ma cosa che risal­ta è che Nao­mi ritro­va la sua fede. «Il Signo­re non ha riti­ra­to la Sua gra­zia.«Inolt­re, Nao­mi ha biso­g­no di due espres­sio­ni che avran­no un effet­to dura­turo su ciò che acca­de dopo. Dice che Boaz è un qar­ob (paren­te) e anche un goel (riso­lut­o­re). Il riso­lut­o­re è il paren­te più prossi­mo che deve acquis­ta­re le pro­prie­tà di uomi­ni impo­ve­ri­ti o mor­ti sen­za fig­li. In ques­t’ul­ti­mo caso, il reden­to­re deve cer­ca­re di pro­cura­re un ere­de per la pro­prie­tà a nome del def­un­to spo­san­do la vedo­va. La situa­zio­ne era che era Boaz il secon­do reden­to­re. C’era un alt­ro paren­te più vici­no che ave­va il «diritto di pri­ma reden­zio­ne». Ques­to avreb­be volu­to ris­cat­ta­re la ter­ra di Elim­e­lech, ma non vole­va spo­sa­re la vedo­va moa­bi­ta Ruth (4:1ff).

«All­o­ra Boaz dis­se agli anzia­ni e a tut­ti i pre­sen­ti: «Voi sie­te tes­ti­mo­ni che oggi ho com­pra­to da Nao­mi tut­ti i beni di Elim­e­lech, Kil­jon e Mach­lon. Insie­me alla ter­ra ho acqui­s­t­a­to anche Ruth, la vedo­va moa­bi­ta di Mach­lon. Sarà mia mog­lie affin­ché il def­un­to abbia un ere­de che por­ti avan­ti il suo nome. In ques­to modo, il suo nome non sarà per­so tra i suoi paren­ti e tra i cit­ta­di­ni del­la cit­tà. Oggi sie­te tut­ti tes­ti­mo­ni di ques­to».» (4,9f).

Boaz diven­ne il riso­lut­o­re di Nao­mi. La vedo­va fuo­ril­eg­ge del­la nazio­ne crea­ta dal­l’in­ces­to ha tro­va­to una nuo­va casa. L’a­pri­por­ta per la loro nuo­va casa tra il popo­lo di Dio fu Boaz il riso­lut­o­re. Non è un caso che il ter­mi­ne «reden­to­re» abbia ques­ta gran­de somi­gli­anza con la paro­la «libera­to­re». Dio imma­gi­na Mosè come colui che ris­cat­terà Israe­le dal­la mano degli Egi­zia­ni (Esodo 6:6). Isa­ia 41:14 ha anche ques­ta paro­la goel in ebraico: «[…] Non tem­e­re, io ti aiuterò; hai la mia paro­la. Il vos­tro Reden­to­re è il San­to d’Is­rae­le.» In defi­ni­ti­va, Dio ci redi­me tut­ti attra­ver­so Gesù Cris­to. Egli è l’a­pri­por­ta del­l’u­ni­co Dio, il Pad­re cele­s­te. Attra­ver­so Gesù abbia­mo acces­so alla casa di Dio. Ques­to signi­fi­ca­to supre­mo e pro­f­e­ti­co di ques­ta pic­co­la paro­la goel è già espres­so nel­l’An­ti­co Tes­ta­men­to: «Ma per Sion e per quel­li di Gia­cob­be che si allon­tan­ano dal loro pec­ca­to, egli vie­ne come reden­to­re. Su ques­to il Signo­re dà la sua paro­la» (Isa­ia 59:20).

Gesù è il nos­tro Sal­va­to­re. Attra­ver­so lui come nos­tro apri­por­ta, rice­via­mo una casa nella casa di Dio. Attra­ver­so ques­to esse­re a casa, non sia­mo più fuo­ril­eg­ge, ma rice­via­mo sicu­rez­za, qua­li­tà di vita e un futu­ro eter­no. Il nos­tro nome non per­derà mai. Inolt­re, sia­mo libe­ra­ti dal­le ombre oscu­re – che la cau­sa sia l’in­ces­to o alt­ro. La casa di Dio è anche la casa del pane (Bet­lem­me). Lì c’è semp­re un rac­col­to d’or­zo e di con­se­guen­za abbastan­za pane. Gesù, dis­cen­den­te di Ruth, dice di sé: «Io sono il pane del­la vita» (Gio­van­ni 6:48). È ven­uto a dar­ci «Per dare la vita in tut­ta la sua pie­nez­za» (Gio­van­ni 10:10).

 

 

Possibili domande per i piccoli gruppi

Leg­gi il tes­to del­la Bibbia: Ruth 1 e 4:1–12

  1. Cosa rappre­sen­ta Bet­lem­me e cosa rappre­sen­ta Moab nella sto­ria? Per­ché la fami­glia Elimelech/Noomi non pote­va esse­re feli­ce a Moab?
  2. Come fun­ziona­va l’isti­tu­zi­o­ne del solut­o­re nel­l’an­ti­co Israe­le? Fino a che pun­to è sta­to un apri­por­ta per una nuo­va patria?
  3. Qua­li sono i par­al­le­li con Gesù?
  4. Come la reden­zio­ne di Boaz ha cam­bia­to la situa­zio­ne di Ruth?