Data: 19 feb­braio 2023 Pre­di­ca­to­re:
Serie: | Tes­to bibli­co: Esodo 3:1–6
Sug­ge­ri­men­to: Ques­to ser­mo­ne è sta­to tra­dot­to auto­ma­ti­ca­men­te. Si pre­ga di nota­re che non pos­sia­mo accet­ta­re alcu­na responsa­bi­li­tà per l’ac­cu­ra­tez­za del contenuto.

Mosè sta accu­den­do le peco­re del suo­ce­ro nel deser­to quan­do improv­vi­sa­men­te si accor­ge di un ces­puglio di spi­ne che bru­cia, ma non si incene­ris­ce. Ques­to incon­tro con il Dio san­to cam­bia radi­cal­men­te la sua vita. D’o­ra in poi vivrà con il desi­de­rio appas­sio­na­to di vede­re ques­to Dio mis­te­rio­so e la sua vita pren­derà un nuo­vo cor­so. L’e­s­pe­ri­en­za di Mosè è un esem­pio di come una per­so­na pos­sa incon­tra­re l’Al­t­ro e di qua­li sia­no le conseguenze.


Nel frat­tem­po i nos­tri fig­li sono cre­sci­uti. Ma ricordo bene le visi­te allo zoo di Toni o al par­co fau­ni­sti­co di Rog­gen­hau­sen. Tut­ti gli ani­ma­li di uno zoo sono ado­ra­bi­li e allo stes­so tem­po del tut­to inno­cui. Ciò che deli­zia i bam­bi­ni ten­de ad annoia­re i geni­to­ri. La gioia dei geni­to­ri è sus­ci­ta­ta soprat­tut­to dal­la gioia dei bam­bi­ni e meno dal­le cap­re o dai conig­li iper­nu­tri­ti. Da adul­ti, sia­mo mol­to più att­rat­ti dag­li ani­ma­li sel­va­ti­ci e per­i­co­lo­si. Le cap­re sono bel­le, ma cosa sono in con­fron­to a un ele­fan­te, una tig­re o un’a­qui­la. Quan­do sepa­ria­mo Dio dal­la sua san­ti­tà nei nos­tri pen­sie­ri e nel­le nost­re azio­ni, Dio ci appa­re come un ora­to­re noio­so o una capra addo­me­sti­ca­ta in uno zoo. Non sus­ci­ta più alcu­na emo­zio­ne in noi e quin­di non ci affa­sci­na più. Sen­za il rico­no­sci­men­to del­la poten­te san­ti­tà di Dio, non c’è nem­meno un vero fascino.

Il nos­tro tema del­l’an­no è: «San­to, san­to, san­to – l’in­con­tro con l’al­t­ro». Come può una per­so­na spe­ri­men­ta­re ques­to affa­scinan­te Dio san­to? La sto­ria di Mosè ci for­nis­ce infor­ma­zio­ni in merito.

Luogo d’azione

Mosè creb­be come figlio adot­tivo del­la figlia del Farao­ne alla cor­te di ques­t’ul­ti­mo in Egit­to. Lì rice­vet­te un’e­du­ca­zio­ne d’é­li­te. Le por­te di una gran­de car­ri­e­ra nel cen­tro di con­trol­lo del­la poli­ti­ca mon­dia­le erano spa­lan­ca­te. Ma poi si lasciò trasport­are da un atto tra­gi­co: Pic­chiò a mor­te uno schia­vis­ta che sta­va sot­to­met­ten­do i suoi com­pa­trio­ti, gli israe­li­ti. Di con­se­guen­za, Mosè fug­gì a Madi­an e tro­vò rifu­gio pres­so un sacer­do­te di nome Jet­h­ro. Ques­ti gli diede in mog­lie Zip­po­rah, una del­le sue set­te figlie.

«Mosè si occu­p­a­va del greg­ge di suo suo­ce­ro Jet­h­ro, il sacer­do­te di Madi­an. Un gior­no gui­dò gli ani­ma­li attra­ver­so il deser­to e giunse a Horeb, il mon­te di Dio.»(Esodo 3:1 NLB). Che dis­ce­sa socia­le: da con­si­glie­re pre­si­denzia­le a pas­to­re del­le peco­re del suo­ce­ro! I pas­to­ri non ave­va­no una buo­na repu­ta­zio­ne ed erano con­side­ra­ti estra­nei alla socie­tà. Il van­tag­gio: Mosè per­se l’in­te­ro stra­to iso­lan­te con­tro Dio. Con gli orgo­gli­osi, gli arro­gan­ti e gli eli­ta­ri, i ten­ta­ti­vi di Dio di rag­gi­unger­li ven­go­no pron­ta­men­te respinti.

In Ori­en­te esis­to­no due paes­ag­gi importan­ti: le terre col­ti­va­te e la steppa e il deser­to. Ques­ti due paes­ag­gi diver­si si tro­va­no l’u­no accan­to all’al­t­ro. Il libro inti­to­la­to «Ci sti­amo diver­ten­do da mor­i­re» descri­ve l’uo­mo post­mo­der­no nella ter­ra col­ti­vata. Vive in una socie­tà con mol­te opzio­ni e dà tut­to per diver­tir­si e non deve mai pen­sare a se stes­so. Il deser­to è il luo­go in cui non pos­sia­mo evi­t­are noi stes­si, dove sen­ti­amo i segna­li dal pro­fon­do del­la nos­t­ra ani­ma. Lo sta­tus, lo sti­pen­dio, il tito­lo del­la ter­ra col­ti­vata non con­ta­no qui. Nel deser­to si diven­ta rea­lis­ti e mode­s­ti. Ci accon­ten­ti­amo di un po» d’om­bra e di bere un po» d’ac­qua. In ques­to modo, ci ren­dia­mo con­to che non vivia­mo di noi stes­si, ma sia­mo com­ple­ta­men­te dipen­den­ti. Mosè si tro­va nel deser­to quan­do ha un’e­s­pe­ri­en­za impres­sio­n­an­te con Dio. Quan­do è sta­ta l’ul­ti­ma vol­ta che sei sta­to nel deser­to? È un buon ter­re­no per incon­tra­re l’altro.

Mosè è pro­ba­bilm­en­te anche inte­rior­men­te in un paes­ag­gio di steppa, dato che ha un omic­i­dio sul­la cosci­en­za. Ques­to è il ter­re­no miglio­re per avvicinar­si al Dio San­to. «Per­ché così dice l’Al­to e l’Ec­cel­so che abita nel­l’e­ter­ni­tà, colui il cui nome è il San­to: Io dimo­ro nel luo­go alto e san­to e con colo­ro che sono di ani­mo livi­do e umi­li­a­to, per riani­ma­re l’u­mi­le e riani­ma­re il cuo­re spez­za­to.» (Isa­ia 57:15 NLB).

Iniziativa del Santo

«Poi l’an­ge­lo del Signo­re gli appar­ve in una fiam­ma di fuo­co che usci­va da un ces­puglio di spi­ne. Mosè vide che, seb­be­ne il ces­puglio fos­se in fiam­me, non era bru­cia­to.» (Esodo 3:2 NLB). Nel Negev può capi­t­are che un ces­puglio di spi­ne ven­ga incen­dia­to da un fuo­co di steppa nel ven­to. La par­ti­co­la­ri­tà di ques­to caso è che il ces­puglio bru­cia ma non si bru­cia. Mosè spe­ri­men­ta qual­co­sa di inas­pett­a­to, qual­co­sa che non si adat­ta alla sua pre­ce­den­te espe­ri­en­za di vita. Le spi­ne, che posso­no rag­gi­unge­re gli 8 cm di lung­hez­za, posso­no causa­re le lesio­ni peg­gio­ri. Nes­su­no può accoc­co­lar­si o met­ter­si como­do in un ces­puglio di spi­ne. Il fuo­co rappre­sen­ta la san­ti­tà di Dio. «Per­ché il nos­tro Dio è un fuo­co che con­su­ma»(Ebrei 12:29 NLB). Il fuo­co ris­cal­da, affa­sci­na, crea atmos­fera ed è per­i­co­lo­so allo stes­so tem­po. Non pen­se­rem­mo mai di met­ter­ci in mez­zo al fuo­co, per­ché sap­pia­mo che, seb­be­ne noi uma­ni pos­sia­mo gode­re del­la poten­za e del­la bel­lez­za del fuo­co, non abbia­mo nulla da oppor­re alle fiam­me stesse. Dio spes­so arri­va in un modo com­ple­ta­men­te diver­so da quello che pen­sia­mo. Non può esse­re cal­co­la­to. Spes­so ini­zia con stra­nez­ze e cose inas­pett­a­te che non si adat­ta­no alle nost­re esi­gen­ze. In ogni cosa, Egli è e rima­ne l’indisponibile.

Qual­cu­no mi ha sfi­da­to con la seguen­te affer­ma­zio­ne: La qua­li­tà di un grup­po cris­tia­no dipen­de essen­zi­al­men­te dal­la serie­tà con cui pren­de il Dio san­to. Pro­via­mo rive­ren­za per il Dio stra­no, mis­te­rio­so e indis­po­ni­bi­le o l’ab­bia­mo degra­da­to a un avven­tur­o­so e buonista?

Chi incon­tra ques­ta san­ti­tà, ques­ta bel­lez­za e maes­to­si­tà, vuo­le spe­ri­men­tar­la anco­ra e anco­ra. Anche Mosè fu col­to da un desi­de­rio che non lo lascia­va anda­re. Non c’è nien­te di più bel­lo che sta­re vici­no a Lui, davan­ti al Suo vol­to, e guar­dar­Lo con gli occhi del cuo­re. In segui­to Mosè chie­de: «Fam­mi vede­re la tua glo­ria»(Esodo 33:18 NLB). La ris­pos­ta di Dio è: «Farò pas­sa­re la mia bon­tà su di te e pro­clamerò il mio nome «il SIGNORE» davan­ti a te. Darò la mia miser­i­cor­dia e la mia gra­zia a chi voglio. Ma non potre­te vede­re la mia fac­cia, per­ché ogni uomo che mi vede deve mor­i­re.» (v. 19f NLB). Dio è trop­po san­to, trop­po diver­so per­ché i nos­tri sen­si poss­a­no affer­rar­lo e per­ché noi esse­ri uma­ni pos­sia­mo sta­re di fron­te alla sua purezza.

Ques­to è pro­ba­bilm­en­te il motivo per cui Mosè non vede né una figu­ra né un vol­to di Dio, ma sen­te solo una voce: «Mose, Mose!«Mosè vie­ne chi­ama­to per nome due vol­te. Lo stra­no e incom­pren­si­bi­le Dio cono­sce il suo nome pri­ma che Mosè con­os­ca il nome di colui che gli par­la. (Esodo 3:13). Dio è così: da un lato san­to, indis­po­ni­bi­le, mis­te­rio­so, ma anche per­so­na­le, miser­i­cor­dio­so e vici­no. Il dop­pio nome è tipi­co di quan­do Dio ini­zia a scri­ve­re una nuo­va sto­ria con una per­so­na. Quan­do chi­ama, suc­ce­de qual­co­sa. Quan­do non chi­ama, non suc­ce­de nulla. All’i­ni­zio di ogni sto­ria uma­na con Dio, c’è semp­re il Dio san­to che pren­de l’iniziativa.

Reazione umana

Mosè dice a se stes­so: «È stra­no. […] Per­ché ques­to ces­puglio non bru­cia? Devo dare un’oc­chia­ta più da vici­no» (Esodo 3:3 NLB). Mosè si lascia tra­sci­na­re dal­l’im­pre­vis­to. Anche nella nos­t­ra vita ci sono rovi arden­ti ai mar­gi­ni del­la stra­da. La doman­da è se li osser­via­mo più da vici­no. Ci lascia­mo attira­re dal­la nos­t­ra rou­ti­ne quo­ti­dia­na o dai nos­tri pia­ni? Il 13 agos­to 2006, ho sco­per­to un ces­puglio di spi­ne in fiam­me duran­te un nor­ma­le ser­vi­zio in quello che ora è il cen­tro gio­va­ni­le. Qual­che tem­po pri­ma, sia­mo sta­ti contat­ta­ti per occupa­re il pos­to di pas­to­re in ques­ta chie­sa. All’epo­ca ques­to com­pi­to non ci atti­ra­va affat­to. Ave­va­mo pro­get­ti com­ple­ta­men­te diver­si. Ma poi il fuo­co del­la radi­ca è ent­ra­to nel mio cuo­re e lo ha incen­dia­to. Bru­cia anco­ra oggi. Fai atten­zio­ne agli even­ti inso­li­ti che ti cir­cond­a­no e non lasciar­ti sfug­gi­re i rovi.

«Non avvicin­ar­ti», gli ordinò Dio. Tog­li­ti i san­da­li, per­ché sei in ter­ra san­ta». Io sono il Dio dei vos­tri ante­na­ti, il Dio di Abra­mo, il Dio di Isac­co e il Dio di Gia­cob­be» […].» (Esodo 3:5f NLB). Soprat­tut­to nel cupo peri­odo inver­na­le, atten­dia­mo con ansia ogni rag­gio di sole. Il sole eser­ci­ta un fasci­no su di noi. Ris­cal­da, dà luce e ren­de pos­si­bi­le la vita. Ma se ci avvici­nia­mo trop­po al sole, diven­ta per­i­co­lo­so. Lo stes­so vale per Dio. La sua bel­lez­za, la sua alteri­tà e la sua purez­za affa­scinano, ma richie­do­no una cer­ta distanza.

Il ter­re­no su cui si tro­va Mosè è san­to solo per­ché è san­ti­fi­ca­to pro­prio dal Dio san­to. Tut­to ciò che entra in con­tat­to con Dio diven­ta san­to. Il nos­tro ver­set­to annua­le è: «Sare­te san­ti, per­ché io, il SIGNORE vos­tro Dio, sono san­to.»(Esodo 19:2 NLB). L’u­ni­co modo per far­lo è incon­tra­re ques­to Dio san­to. Il luo­go in cui ciò può avve­ni­re è un luo­go spe­cia­le. Deve esse­re chia­ro che ci tro­via­mo di fron­te al Crea­to­re, il Signo­re del­le galas­sie. Egli sov­ras­ta di gran lun­ga ogni cosa. In con­fron­to a Lui, io sono un pic­co­lo ver­me, ma ama­to da Dio. In ques­to att­eg­gi­a­men­to pos­so incon­tra­re Dio.

Mosè dov­reb­be toglier­si le scar­pe. Sen­za scar­pe ci si bru­cia i pie­di nel deser­to o ci si taglia con le piet­re tagli­en­ti. Solo gli schia­vi devo­no anda­re a pie­di nudi. Le scar­pe sono ciò con cui domi­nia­mo la nos­t­ra vita e mett­i­amo le dif­fi­col­tà sot­to i nos­tri pie­di. Le scar­pe rappre­sen­ta­no tut­to ciò che abbia­mo impa­ra­to, che imma­gi­nia­mo di esse­re, il nos­tro sta­tus. È opport­u­no met­te­re da par­te tut­to ques­to se voglia­mo incon­tra­re Dio.

«Quan­do Mosè sen­tì ques­to, si coprì il vol­to, per­ché ave­va pau­ra di guar­da­re Dio.»(Esodo 3:6b NLB). La ris­pos­ta ade­gua­ta del­l’uo­mo alla san­ti­tà di Dio è la sog­ge­zio­ne, il ris­pet­to e l’a­do­ra­zio­ne. L’in­con­tro con la san­ti­tà di Dio non sca­te­na in noi inn­an­zi­tutto gioia o entus­i­as­mo, ma la con­s­ape­vo­lez­za di non poter reg­ge­re il con­fron­to con la san­ti­tà. L’in­con­tro con Dio al rove­to arden­te diede un nuo­vo cor­so alla vita di Mosè. L’in­con­tro con il san­to lascia il seg­no.

 

For­se ora ti stai chie­den­do se i nos­tri incon­tri con il Dio san­to non sia­no cam­bia­ti radi­cal­men­te gra­zie a Gesù Cris­to. La distan­za, il toglier­si le scar­pe e la rive­ren­za sono anco­ra un pro­ble­ma? Pos­sia­mo tut­ti esse­re gra­ti che gra­zie alla mor­te sacri­fi­cale di Gesù l’a­bis­so tra noi e il Dio san­to è sta­to col­ma­to e pos­sia­mo avvicin­ar­ci a Lui come a un Pad­re amo­re­vo­le. Ma in ques­to importan­te pas­so che pos­sia­mo fare ver­so Dio, a vol­te tras­cu­ria­mo che non è la san­ti­tà di Dio ad esse­re sta­ta river­sa­ta. Egli non è cam­bia­to, ma ci è sta­to dato acces­so a Lui per incon­trar­lo nella Sua san­ti­tà, da cui sca­tu­ris­ce anche la Sua pater­ni­tà. Il ter­rore del con­fron­to con il sacro vie­ne tras­for­ma­to dal gran­de «non tem­e­re» di Gesù in una mera­vi­glia che cam­bia la vita per la sua bel­lez­za. «Per­ciò mi ingi­noc­chio davan­ti a Dio Pad­re e Lo ado­ro.» (Efe­si­ni 3:14 Hfa). Par­lo con il mio Pad­re amo­re­vo­le e cado in silen­zio davan­ti al Dio santo.

 

Possibili domande per il piccolo gruppo 

Let­tu­ra del tes­to bibli­co: Esodo 3:1–6

  1. Par­la del­la fase del­la vita in cui si tro­va­va Mosè pri­ma del­l’e­s­pe­ri­en­za del ces­puglio di spine.
  2. Dio ha atti­ra­to l’at­ten­zio­ne su di sé attra­ver­so il rove­to arden­te. Anche tu hai avu­to espe­ri­en­ze di ces­pug­li di spi­ne? Qua­li potreb­be­ro esse­re i «ces­pug­li di spi­ne» nella vita di tut­ti i giorni?
  3. Cosa dico­no di Dio gli ele­men­ti «ces­puglio di spi­ne» e «fuo­co»?
  4. Per­ché Mosè non dov­reb­be avvicinar­si e toglier­si i calz­ari? Cosa ci insegna ques­to per i nos­tri rap­por­ti con Dio?
  5. Cosa è cam­bia­to gra­zie alla mor­te sacri­fi­cale di Gesù? Cosa è rimasto inva­ria­to? Cosa signi­fi­ca ques­to per la nos­t­ra comu­nio­ne con Dio?